Codice: 99915116233434
Editore: Maschietto Editore
Categoria: Saggistica d'Arte e Architettura
Ean13: 9788887700879
Santomato di Pistoia, Fattoria di Celle, 3 giugno - 30 settembre 2002. A cura di Vettese A. Montecatini Terme, 2002; br., pp. 256, ill. b/n, tavv. col., cm 23x27.
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Nel cortile di Palazzo Strozzi un grande bronzo di Marino Marini accoglie i visitatori: Miracolo del 1959-60, drammatico gruppo equestre che vuole, nelle intenzioni del curatore Alberto Boatto, dare la chiave di lettura dell'esposizione «ricordandoci assieme le remote speranze che tutti noi abbiamo oscurato con ripetute omissioni e distrazioni volontarie». E' lo stravolgimento dell'iconografia paolina. All'interno ci accolgono I maestri del Novecento: Soffici con un bellissimo autoritratto, Primo Conti, Gino Severini, Ottone Rosai (commovente, più che la sequenza di nudi di ragazzi, quel Muri della città del 1957 che ci riporta ai momenti più intensi dell'intima, dolente poetica dell'artista), Mino Maccari con le sue pungenti prove di incisore, ancora fresche e graffianti, Marino Marini (da non perdere Giocolieredel 1946, di morbidissima, classica plasticità), Alberto Magnelli. Si confluisce dolcemente nell' Astrattismo classico e figurazione inedita, dove si evidenzia l'antitesi, anche nell'arte toscana del periodo, fra formalismo e realismo. E' del 1950 il Manifesto dell'astrattismo classico a firma di Berti, Brunetti, Monnini, Nativi, Nuti e redatto da Ermanno Migliorini. Vinicio Berti con tele che per Boatto non temono il confronto con il migliore Vedova, Bruno Brunetti (da notare l'uso del fondo oro, quasi un ponte con l'arte sacra medievale in un legame con la grande tradizione artigiana fiorentina), Gualtiero Nativi, Alvaro Monnini, Mario Nuti e lo scultore Berto Lardera (per quanto trasferitosi a Parigi già nel 1947), a loro si contrappone lo schieramento dei pittori figurativi, di un figurativismo ben oltre l'intimismo rosaiano. Fernando Farulli, sorta di neo-realista drammatico e visionario, le bellissime xilografie di Loffredo, Marcello Guasti, Venturino Venturi coi suoi legni incisi (merito dell'esposizione aver dato il giusto risalto a quest'artista, uno dei migliori presentati). Secondo certa critica ufficiale la terra di Toscana era la negazione stessa di qualsiasi invenzione informale. E' proprio nella sezione Informale e oltre che troviamo invece alcune delle opere che valgono la mostra, a cominciare dal colore purissimo di quel Carta abissale di Alberto Moretti (1951) e tutta la produzione esposta di Gianni Bertini (residente però a Parigi). Con loro Fernando Melani, Mario Fallani e le lacerazioni bronzee di Piersilvio, anche lui esule, prematuramente scomparso. Seguono Mario Nigro e Paolo Scheggi. Negli anni Sessanta, a chiusura del percorso, Nuova astrazione e declinazione pop. Da un lato esperienze così sottilmente analitiche come quelle di Riccardo Guarneri e Paolo Masi, dall'altro la cosiddetta "scuola di Pistoia" (Roberto Barni, Gianni Ruffi, Umberto Buscioni), tutta proiettata su una concezione artificiale dell'immagine non priva di suggestioni pop. A latere Adolfo Natalini, che transitò solo brevemente per la "scuola di Pistoia" per arrivare ad opere di chiara matrice pop. Chiudono la sezione le costruzioni cinetiche di Elio Marchegiani. Le ultime due stanze sono dedicate a Poesia visiva e nuova musica: Lucia Marcucci, Eugenio Miccini, Luciano Ori, Lamberto Pignotti, oltre a due opere di Antonio Bueno nate dall'incontro fra immagine e parola; Sylvano Bussotti (che mostra finissima mano di disegnatore) e Giuseppe Chiari chiudono per la musica.