Codice: 85221933712550
Editore: Arti Grafiche Castello Viadana
Categoria: Architettura
Testo Italiano e Inglese. Casalmaggiore, 2005; ril., pp. 745, ill. e tavv. b/n e col., cm 23,5x30,5.
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Con il trasferimento di Caravaggio a Roma nel 1592, il nascente genere della natura morta raggiunge la sua realizzazione. Nella sua giovinezza lombarda Caravaggio aveva assorbito le esperienze locali e leonardesche dello studio della natura e delle cose inanimate e gli studi dell'azione della luce su di esse. A Roma, questa tendenza si integra con la vitalità dell'antico, rilanciato anche nei valori di decorazione naturalistica da Raffaello e dalla sua scuola. Una precoce serie di capolavori a partire dall'ultimo decennio del Cinquecento, in cui la natura morta appare isolata oppure combinata con personaggi a mezza figura, costituisce il nucleo di riferimento per un crescente numero di artisti collegati in modo più o meno diretto al naturalismo caravaggesco, sostenuti da un prestigioso collezionismo aristocratico o avviati a un'attività di mercato: in alcuni casi, come quello del marchese Crescenzi, siamo di fronte a un mecenate che con la sua accademia del naturale avviò i giovani artisti alla natura morta. Nonostante l'importanza dei committenti e l'eccezionale livello raggiunto, resta tuttora molto complessa la ricostruzione critica delle attribuzioni, del catalogo o talvolta addirittura delle identità storiche dei pittori romani di nature morte influenzati da Caravaggio. Così, mentre prende lentamente corpo l'attività di Tommaso Salini (pittore che fu in diretto e contrastato contatto con Caravaggio), restano legate a nomi critici provvisori le figure dei principali protagonisti di questo periodo: il maestro di Hartford, il cosiddetto 'Pensionante del Saraceni' e il Maestro della natura morta Acquavella, oggi identificabile col grande caravaggesco Bartolomeo Cavarozzi. Poco prima della metà del Seicento, mentre si esaurisce la generazione dei pittori caravaggeschi, si apre a Roma la stagione della grande natura morta barocca. Il fenomeno, legato alle esigenze delle raccolte principesche, è parallelo a quanto stava accadendo nel campo dell'affresco monumentale, delle arti decorative e dell'architettura. Nascono così dipinti fastosi, spesso di grandi dimensioni, in cui l'intensa ricerca luministica e il naturalismo dei primi decenni lascia il posto a un'esplosiva ricchezza di colori ed una sovrabbondanza di oggetti: frutti, scintillanti cristallerie, meravigliosi tappeti orientali. Non infrequente è inoltre il caso della collaborazione nella stessa opera tra uno specialista di nature morte e un pittore di figura, specie nell'ambito di Pietro da Cortona e poi di Carlo Maratta. In questo filone due pittori nati a Roma: Mario Nuzzi (Mario dei Fiori) e Michelangelo Pace (Michelangelo di Campidoglio). A questi va affiancata la bottega degli Stanchi. Si diffonde la moda delle ghirlande di fiori. Svolgono un'intensa attività anche pittori di origine nordica, particolarmente versati nella riproduzione di frutti e oggetti inanimati: il fiammingo Abraham Brueghel, l'olandese Karel van Vogelaer, Werner Tamm. il tedesco Christian Berentz, celebre soprattutto per la presenza nei suoi dipinti di fragili e preziosi oggetti di cristallo. Il gusto per le fastose nature morte del barocco romano tramonta poco prima della metà del Seicento, alle soglie dell'Illuminismo.