Codice: 438051997325802
Editore: Ennerre
Categoria: Altre Arti - Artigianato
Ean13: 9788887235715
Lovere, Atelier del Tadini, 25 aprile - 20 giugno 2010. A cura di Albertario M. Lovere, 2010; ril., pp. 528, ill., 48 tavv. col., cm 17,5x24,5. (Quaderni dell'Accademia Tadini. 2).
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Il rapporto tra Antonio Canova e la famiglia Tadini è innanzitutto una storia di amicizia, che ha importanti conseguenze per la storia dell'arte - ha inizio a Roma intorno alla metà dell'ultimo decennio del Settecento. Roma era in quegli anni il centro di attrazione per viaggiatori provenienti da tutta Europa, stupiti per la grandiosità delle rovine e per i capolavori che si potevano ammirare nelle collezioni pubbliche e private. Qui si incontrano, quasi per caso, i quattro protagonisti della vicenda: Antonio Canova, che si andava affermando come il più moderno interprete dell'antico, l'amico Antonio d'Este che ne dirigeva lo studio, il conte Luigi Tadini, ricco possidente cremasco in viaggio d'affari, accompagnato dal figlio Faustino. La ricostruzione di quest'amicizia è affidata a centotrenta lettere, custodite nell'Archivio dell'Accademia Tadini, che rappresentano il filo conduttore della nostra storia. La mostra si apre ricostruendo le circostanze in cui matura il fortunato volumetto di Faustino Tadini, Le sculture e pitture di Antonio Canova pubblicate fino a quest'anno 1795 (Venezia 1796), prima attestazione critica della fama dell'artista alla cui gestazione non fu estraneo l'entourage canoviano. Segno concreto della stima dell'artista nei confronti della famiglia Tadini fu il dono del raro bozzetto in terracotta per La Religione, destinata al monumento a Clemente XIII. Come ebbe a far notare lo stesso D'Este, pochi in Italia potevano vantarsi di possedere una terracotta originale di Canova. Il bozzetto è esposto in una nuova vetrina che ne valorizza la qualità e ha recuperato con un intelligente restauro il basamento antico. Il conte Tadini, dal canto suo, incrementò la propria raccolta acquistando un certo numero di incisioni che riproducevano le opere canoviane. Il fondo loverese permette qualche significativa aggiunta al catalogo completo. Intorno al 1818 il conte Tadini, avendo ormai concluso l'allestimento del proprio Museo nel palazzo di Crema, maturò l'ambizioso progetto di arricchirlo con un'opera di Canova. L'interesse del conte Luigi Tadini era rivolto innanzitutto alle ""teste di carattere"", genere ben noto in Lombardia grazie all'interesse riservato da altri collezionisti. Grazie all'importante e generosa collaborazione dei Civici Musei di Storia e Arte di Brescia è possibile mettere a confronto con l'iniziativa del conte Tadini la vicenda del bresciano Paolo Tosio, i cui rapporti con il conte Tadini sono facilmente intuibili a fronte della comune frequentazione dell'Ateneo di scienze, lettere ed arti bresciano. Quest'ultimo, grazie alla mediazione di Luigi Basiletti, avrebbe acquistato da Antonio Canova la Eleonora d'Este. Documenta l'intelligente apertura alla scultura neoclassica di Paolo Tosio il Ganimede di Bertel Thordvalsen. I due marmi erano esposti nel Gabinetto ottagonale di Palazzo Tosio, in un confronto che si ritiene opportuno riproporre anche in mostra per documentare le differenti scelte compiute dal conte Tadini, la cui fedeltà alla memoria di Antonio Canova si può dire esclusiva. Fu Antonio Canova a suggerire al conte Tadini che desiderava una sua opera l'esecuzione di una stele in memoria di Faustino. Eseguita tra il 1819 ed il 1821, la Stele Tadini rappresenta forse l'ultimo capolavoro dell'artista, che rielabora il tema della dolente già impostato nella precedente Stele Volpato (Roma, Santi Apostoli), richiamato in mostra dall'importante gesso concesso in prestito dall'Accademia di Belle arti di Ravenna trasfigurando il ricordo del tragico episodio nel quale scomparve Faustino Tadini una commossa elegia. Il tema va senz'altro messo in rapporto con il dibattito sul significato della memoria e dei monumenti funerari che in quegli anni vedeva impegnati sul fronte letterario Ugo Foscolo, Ippolito Pindemonte e Pietro Giordani. La stele, restaurata lo scorso anno da Cinzia Parnigoni, ha recuperato quel raffinato trattamento di superficie del marmo che ne costituisce una delle caratteristiche peculiari. La riapertura dell'antica finestra voluta da Canova ha poi consentito il recupero delle originarie condizioni di visione stabilite da Canova. L'ultima tappa riguarda il mito di Canova, scomparso a Venezia il 13 ottobre 1822, nella collezione Tadini. Ne è precoce attestazione il Ritratto di Antonio Canova, busto in caolino, ispirato ad una incisione di Antonio d'Este (pure conservata nella raccolta Tadini), ricavato dallo stesso modello già adottato per l'incisione riprodotta nel volumetto di Faustino Tadini. Il busto fu proposto a Lattanzio Querena come modello per la tela commissionata dal conte Tadini nel 1828, parte di un progettato ciclo di ""Uomini illustri"".