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Non Fiction

Citazioni Archeologiche. Luciano Bonaparte Archeologo

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Code: 17675179424657

Publisher: Quasar

Category: Archaeology

Ean13: 9788871402581

A cura di Della Fina G. M. Roma, 2004; br., pp. 96, ill. b/n, cm 21x30. (Fondazione per il museo "Claudio Faina").

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Questo volume contiene il catalogo sulla mostra documentaria che la Fondazione per il Museo ""Claudio Faina"" dedica all'attività archeologica di Luciano Bonaparte. La figura di Luciano Bonaparte e della sua seconda moglie Alexandrine de Bleschamps continuano ancora oggi a sorprendere positivamente gli studiosi che si avvicinano alle loro ricerche, in particolare va acquistando sempre più rilievo il contributo fondamentale della principessa di Canino, che non solo ebbe il merito di dare inizio alle ricerche archeologiche, sull'onda delle scoperte di Vincenzo Campanari a Vulci, ma colse subito anche gli interessanti risvolti collezionistici ed economici che tale attività avrebbe comportato. Luciano ed Alexandrine costituirono una coppia unita ed affiatata non solo nella vita privata , crescendo una numerosa famiglia, ma anche nella vita pubblica, dovendo continuamente contrapporsi all'imperiosa volontà di Napoleone che non accettò mai la loro unione. Anche nella loro attività e negli interessi in campo archeologico i due coniugi dimostrarono una perfetta sintonia operativa: Luciano si trovava, infatti, a Senigallia in compagnia dell'inseparabile e fidato padre Maurizio da Brescia ad ultimare il suo Atlante Celeste, quando Alexandrine avviò la prima campagna di scavo. Subito, abbandonati i precedenti molteplici interessi letterari, teatrali ed astronomici, Luciano, rientrato a Musignano, si dedicò con assiduità e passione alle ricerche sul campo. Se fu grazie alla capacità organizzativa di Alexandrine che i numerosi cantieri di scavo nella tenuta della Badia diedero gli importanti risultati che tutti noi conosciamo, a Luciano si debbono il rigore scientifico ed il metodo sistematico delle ricerche; egli infatti coordinò di persona tutte le operazioni dallo scavo al restauro, dalla schedatura dei materiali fino alla loro documentazione e pubblicazione finale. Ben presto la raccolta dei Principi di Canino, la più importante tra le collezioni di antichità etrusche dello Stato Pontificio, ricca di migliaia di vasi, bronzi, sarcofagi, venne esposta nel piccolo museo di Musignano, meta di studiosi ed appassionati dell'epoca; addirittura leggendaria la collezione di orificeria, oggi a Monaco, privato appannaggio della principessa che amava adornarsene in occasione di feste e ricevimenti, come ricordano le cronache mondane del tempo. Il primo ed unico catalogo a stampa delle opere, curato personalmente da Luciano Bonaparte, sebbene completo dal punto di vista della schedatura dei materiali, venne assai criticato dai maggiori studiosi dell'epoca, quali Gerhard e Panopfka, per la visione ""filo italica""dell'arte antica e per la fantasiosa lettura interpretativa di scene mitologiche ed iscrizioni presenti sulla ceramica greca. Con il giugno del 1840 si conclude uno dei periodi più fecondi nella storia degli scavi vulcenti, in quel mese ed anno scomparvero, infatti, a distanza di pochi giorni Vincenzo Campanari e Luciano Bonaparte, i cui comuni interessi relativi alla riscoperta delle radici della civiltà italica erano stati divisi solo dalla corrente del fiome Fiora che segnava il confine geografico delle aree da loro indagate. Già all'epoca si favoleggiava degli enormi guadagni realizzati dai Principi di Canino grazie al commercio delle antichità e lo stesso Stendhal accenna alla considerevole cifra di 1.200.000 franchi dell'epoca. Alla morte di Luciano, affiancata dal genero conte Vincenzo Valentini, Alexandrine darà ulteriore impulso alla vendita dell'intera collezione, trascurando completamente l'indagine scientifica e la pubblicazione; tanto numerose furono le vendite all'asta, soprattutto all'estero, egli acquisti da parte dei regnanti dell'epoca, che si può affermare che non esista oggi grande museo in Europa che non presenti tra le sue raccolte materiali provenienti dagli scavi dei Principi di Canino. La fama della grande collezione dei coniugi Bonaparte superò persino l'Atlantico, avviando il collezionismo archeologico negli Stati Uniti d'America, dove il primo pezzo, la kylix attica a figure rosse del Pittore di Pentesilea, arrivò come dono di Giuseppe Bonaparte all'American Philosophical Society di Philadelphia nel 1836. Da tale sistematica dispersione si sarebbe parzialmente salvato solo il materiale documentario che, attraverso l'eredità dei conti Valentini, pervenne, per via matrimoniale del ramo femminile, negli archivi dei conti Faina, e da lì nell'archivio della Fondazione per il Museo ""Claudio Faina"" che oggi lo valorizza in questa interessantissima esposizione. Grazie all'accuratezza dei contributi degli studiosi che vi hanno partecipato vengono finalmente editi due taccuini autografi di Luciano Bonaparte e le importanti litografie di mano di Luigi Maria Valadier che avrebbero dovuto illustrare la pubblicazione del catalogo della collezione. Sommario: Introduzione, Isidoro Galluccio; Presentazione, Francesco Buranelli; I Bonaparte e i Faina, Giuseppe M. Della Fina; Luciano Bonaparte, Alessandra Costantini; Due taccuini di Luciano Bonaparte conservati nell'archivio della fondazione ""Claudio Faina"", Christoph Hausmann; Le litografie di Luigi Maria Valadier per Luciano Bonaparte principe di Canino, Stephen P. Fox; Apparato illustrativo; La ceramica attica a Vulci, Christoph Reusser; La principessa Maria Bonaparte Valentini, Sergio Fatti; L' ultima dispersione della collezione Bonaparte. La vendita al museo di Torino, Giulio Paolucci.

  • Subjects: Essays (Art or Architecture), Essays on Ancient Times
  • Year: 2004
  • Dimensions: 21x30 cm
  • Thickness: 9 mm
  • Weight: 1 Kg
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