Code: 87373877612113
Publisher: Libro Co. Italia
Category: Other Arts - Craftmanship
Presentazione di Giuseppina Perusini. San Casciano V.P., 2005; paperback, pp. 150, 56 col. plates, cm 21x30.
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Negli ultimi decenni il catalogo della scultura lignea italiana s'è enormemente allargato grazie all' interesse che, anche nel nostro paese, è stato finalmente assegnato a questi manufatti. Nella riscoperta e nella valorizzazione della scultura policroma le mostre ebbero fin dall'inizio un ruolo fondamentale e di conseguenza acquisì grande importanza anche il restauro, indispensabile per presentare le opere ad un pubblico di "non specialisti". Tali sculture infatti, a causa del valore prevalentemente liturgico che venne loro assegnato nel corso dei secoli, presentano spesso profonde alterazioni che ne hanno modificato il valore estetico e talvolta perfino l'iconografia. Questi interventi, eseguiti spesso da artisti di mediocre livello, hanno fatto sì che in Italia, salvo rare eccezioni, la scultura lignea venisse sostanzialmente esclusa dagli studi storico-artistici fino al secondo dopoguerra, rallentando di conseguenza anche la messa a punto di criteri e metodi di restauro specifici per tali manufatti. Al raffinato dibattito che si sviluppò sul restauro dei dipinti, non corrispose infatti un' analogo approfondimento sul restauro della scultura policroma, anzi Cesare Brandi, padre della teoria del restauro, trascurò completamente queste opere che probabilmente anch' egli relegava fra le espressioni minori della produzione artistica italiana. Nei paesi del centro Europa invece, dove la scultura lignea venne studiata a partire dal XIX secolo, studiosi come Thomas Brachert e Paul Philippot affrontarono i problemi posti dal restauro della scultura policroma già negli anni Settanta del Novecento. Non è un caso dunque che siano stati proprio i tedeschi a chiedermi di esaminare il problema del restauro della scultura lignea nell'ambito del convegno organizzato dall' ICOMOS nel 2003 a Monaco di Baviera . In tale occasione constatai con stupore che, in Italia, pur essendoci ormai una casistica estremamente vasta ed interessante, nessuno aveva ancora affrontato sistematicamente i criteri ed i metodi adottati nel restauro della scultura lignea . Questo libro di Alessandra Frosini risulta dunque estremamente interessante ed utile anche perché il tema prescelto, cioè il restauro della scultura lignea toscana, porta inevitabilmente l'autrice ad affrontare problemi più generali dal momento che alcuni di questi interventi implicano una totale revisione dei criteri di restauro. La Frosini, sottolinea giustamente l' estrema disparità fra i restauri presentati nelle esposizioni di scultura lignea che si susseguirono a partire dalla mostra di Siena del 1987, dove peraltro gli interventi di restauro, condotti con grande prudenza e guidati dal giusto rispetto per le eventuali stesure successive (quando la policromia originaria risultava troppo frammentaria), appaiono ancor oggi condivisibili. Bisogna tuttavia rilevare che le opere della mostra di Siena non si presentavano quasi mai nel disastroso stato di conservazione in cui versavano molte sculture esposte alla mostra di Lucca del 1996. E' proprio su alcuni restauri di quest'esposizione e della successiva mostra di Pisa, che s'appuntano le maggiori critiche della Frosini, condivise peraltro da molti storici dell' arte e restauratori . Anche alla mostra di Lucca v' erano comunque molti restauri ineccepibili, e ai curatori va inoltre riconosciuto il merito di aver allargato enormemente il catalogo della scultura lignea lucchese e d'aver reso disponibili alcuni saggi esemplari (come ad esempio quelli di Ettore Spalletti e Marco Collareta) sulla storia ed il significato di tali manufatti. Appare dunque ancor più singolare la discrepanza fra studi così approfonditi ed alcuni "discutibili" interventi di restauro come ad esempio quelli effettuati su alcune Madonne in trono databili dal XII al XIV secolo. In alcuni casi infatti sarebbe stato meglio arrestarsi ad una policromia intermedia (purché esteticamente accettabile e storicamente significativa) piuttosto che mettere a nudo il supporto, soprattutto quando quest' ultimo era molto rovinato e non aveva rilevanti qualità plastiche come invece quello della Madonna di Montignoso. Fra quelli evidenziati dalla Frosini, il caso più significativo è sicuramente quello della Madonna di Livignano, riguardo a cui la stessa direttrice dei lavori ebbe forse qualche ripensamento poiché nel 2004 scrisse che : "non era e non è certa che in quel caso sia stata fatta la scelta giusta" . Anche se in linea di massima ritengo condivisibile l' avversione della Frosini per i "restauri di rivelazione", credo tuttavia che una posizione di principio, non debba mai prevalere sull' attenta considerazione delle peculiarità estetiche e conservative dell'opera. Così ad esempio non condivido la critica della Frosini al restauro della santa giovinetta ( già santa Lucia ) della chiesa di san Pancrazio la cui facies attuale, per quanto lacunosa, mi pare comunque preferibile alla situazione precedente il restauro. Per quanto riguarda la mostra di Pisa del 2000, che presenta caratteristiche analoghe a quella di Lucca per l' eccellenza dei saggi critici e la discutibilità di alcuni restauri, le maggiori riserve riguardano, come sottolinea giustamente la Frosini, il restauro della Deposizione di San Miniato al tedesco, mentre mi sembra perfettamente condivisibile il suo apprezzamento per i restauri della mostra di Arezzo del 2001, non soltanto per gli esiti conseguiti, ma soprattutto per l'approccio prudente e meditato ad ogni intervento, eccetto forse quello sulla Madonna di Anghiari. Da questo libro emerge dunque un prezioso invito a considerare la problematicità del restauro della scultura policroma, che in Italia è un argomento ancora poco indagato mentre negli ultimi anni la scultura lignea è divenuta oggetto di una diffusa rivalutazione critica e di vaste campagne di restauro come testimoniano, ad esempio, le recenti esposizioni di Matera e di Genova . L'unico suggerimento che vorrei dare a questa giovane studiosa è quello di non rimpiangere la mancanza di norme rigide (p. 144) poiché, a mio avviso, nel campo del restauro questo tipo di normativa ha fatto spesso più male che bene; tuttavia sono certa che una certa rigidità di purezza giovanile tipica di certe affermazioni della Frosini si mitigherà col tempo, mentre le auguro di conservare l'entusiasmo, il coraggio e sviluppare la padronanza dell'argomento che dimostra in questo lavoro.